Persino in Inghilterra, che come è noto tende a fare le cose a modo suo - si guida a sinistra, si misurano le cose in piedi e pollici, si mangiano fagioli in salsa di pomodoro per colazione - a settembre riaprono le scuole.
Scoprire gli esotici meccanismi su cui si regge il sistema scolastico britannico è stato uno dei primi choc culturali che ho dovuto affrontare poche settimane dopo essermi trasferita qui.
Era una nuvolosa giornata di luglio, avevo la neonata di cinque mesi con me e, mezza obnubilata per la notte passata praticamente in bianco, stavo seduta in un caffè al parco quando arrivarono altre due mamme, perfettamente in tiro e senza alcuna traccia di occhiaie, che conversavano fitto fitto tra loro: parlavano delle scuole che avevano visto e di quelle che si apprestavano a visitare. Ad un certo punto i nostri occhi si incrociarono, ci sorridemmo e mi trovai coinvolta nella loro conversazione: “A quante scuole hai già iscritto la bambina?” mi chiese una delle due. Mi misi a ridere accennando alla carrozzina e risposi: “Ma la piccola ha solo cinque mesi!”
“Già cinque mesi, vorrai dire. Qui a Londra in certe scuole non c’è speranza di entrare se non iscrivi il bambino subito alla nascita”.
Il mio oliato sistema d’allarme da Yiddish Mame mi procurò una breve botta d’ansia (“ecco, ora ti scopri impreparata persino sul fondamentale tema dell’educazione della figliolanza!)”, ma la voce della ragione ebbe la meglio concludendo che le tipe fossero fuori di testa: evitai la tentazione di chiedergli se iscrivere le creature subito dopo il concepimento non fosse ancora più consigliabile e me ne andai per la mia strada.
Il tarlo però si era insediato, appena tornata a casa mi misi a fare una ricerca.
Fu così che scoprì non solo l’intricato universo delle scuole inglesi, ma anche un paio di cose sulla società britannica che qui tutti sanno, ma pochi raccontano.
Innanzitutto la scuola dell’obbligo comincia a quattro (4!) anni. La ragione, come può immaginare chiunque abbia letto un libro di Charles Dickens, è che al tempo della Regina Vittoria i bambini venivano già mandati a guadagnarsi il pane, per cui nel 1870 si pensò bene di varare una legge che imponeva l’istruzione obbligatoria tra i quattro e i dodici anni. Da allora parecchie cose sono cambiate, ma a nessuno è venuto ancora in mente che i pargoletti potrebbero beneficiare di un paio d’anni aggiuntivi di gioco spensierato e iniziare la scuola alla veneranda età di sei o sette anni.
Come anche che l’idea di scuole separate per maschi e per femmine, tuttora prevalenti soprattutto nel settore privato, è antiquata almeno quanto i rubinetti separati per l’acqua calda e fredda che qui, per ragioni chiare solo agli inglesi, continuano ad avere un mercato.
E parlando di scuole private, la storia dei bambini che vanno iscritti da neonati è vera, almeno per quanto riguarda una manciata di scuole elementari che se la tirano molto perché promettono l’accesso ai licei più ambiti.
In Inghilterra le scuole private giocano un ruolo un po’ diverso rispetto all’Italia. Qui ci sono famiglie che proprio non concepiscono la possibilità di mandare i figli a una scuola pubblica. Sicuramente il desiderio di garantire alla prole la miglior educazione possibile in un Paese dove la scuola pubblica è cronicamente sottofinanziata e con pochi eroici insegnanti motivati - di questo purtroppo in Italia ne sappiamo quanto e più degli inglesi- ne è una delle ragioni. Solo che le rette costano un occhio della testa e gli esami di selezione per accedere ai licei più rinomati sono micidiali e danno luogo a scene improbabili di bambini stressatissimi che si sciolgono in lacrime, accompagnati da genitori sull’orlo dello svenimento o sul punto di prendersi ad ombrellate tra loro.
Cos’hanno dunque di così speciale i licei privati da valere tutti questi sforzi? Parecchia strada è stata fatta da quando, all'alba del 1986, le punizioni corporali sono state rese illegali. Oltre a disporre di servizi da mille e una notte (palestre attrezzatissime, campi sportivi immersi nel verde, teatri, sale da concerto, laboratori di ogni tipo, biblioteche…) e di un corpo insegnante mediamente più qualificato di quello della scuola pubblica, questi licei garantiscono ai genitori che la loro creatura cresca in un mondo di bambini “con le stesse caratteristiche.” Che ci piaccia o no, in un paese in cui quando uno dice “hello” i suoi interlocutori sanno già a che ceto sociale appartengano lui e i suoi bisnonni, il fatto di venire su tra persone della upper class può avere i suoi vantaggi. Detto questo, va sottolineato che i migliori licei inglesi si fanno un vanto dell’offrire borse di studio agli studenti meritevoli sopravvissuti ai test di selezione e provenenti da famiglie meno abbienti.
Quanto alle scuole pubbliche, nel corso degli anni ci sono stati molteplici tentativi di migliorarle: oltre alle tradizionali grammar schools, scuole pubbliche meritocratiche a cui si accede tramite un rigoroso esame di selezione, in anni recenti sono spuntate come funghi scuole religiose sovvenzionate dallo stato e accademie che con un certo successo tentano di imitare le scuole private. Sicuramente va fatto molto di più e nel mio mondo ideale la scuola sarebbe la priorità assoluta di ogni stato civile.
Che frequentino un istituto pubblico o privato, tutti gli studenti vanno a scuola in uniforme, tagliando la testa al toro alle esasperanti dispute mattutine su “cosa mi metto stamattina” di cui si lamentano tutte le mie mamme italiane di mia conoscenza.
Un paragrafo a sé va dedicato a quelle che vengono considerate come le scuole inglesi per eccellenza, ossia i collegi o boarding schools, il cui modello oggi in assoluto più celebre è la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwards: non mi risulta che a Eton o alla Roedean Scool insegnino come impugnare correttamente la bacchetta magica, ma la descrizione che J. K Rowling fa della scuola di Harry Potter - dalla figura del Preside, degli insegnanti, delle aule, dei dormitori, delle attività sportive, della mensa, dell’uniforme e financo dei rapporti dei ragazzi con i genitori lontani - è alquanto fedele alla realtà.
Resta il fatto che mentre a noi italiani “ti mando in collegio” suona perlopiù come la minaccia di un genitore esasperato dal figlio disobbediente, in Inghilterra, dove l’indipendenza è uno dei valori in assoluto più apprezzati, le boarding schools sono considerate da molti come la migliore forma di educazione che si possa offrire ai ragazzini dai dodici anni in poi.
Che vadano in una scuola pubblica o privata, uno degli aspetti più preziosi del crescere a Londra è assorbirne lo spirito cosmopolita: nella scuola di mia figlia quasi tutti i bambini parlano due, quando non tre o quattro lingue, hanno famiglie di origine provenienti dai quattro angoli del mondo e ciascuno mantiene la propria identità pur essendo incoraggiato dalla scuola a sviluppare un profondo senso di appartenenza nei confronti del Regno Unito e dei suoi valori: dalla monarchia ai fagioli in sala di pomodoro.
P.S. Oltre ad Harry Potter, una classica lettura che descrive con tipico umorismo britannico le boarding school degli anni ’50 è Molesworth di Geoffrey Willans, illustrato da Ronal Searle - sconsigliassimo però a chi volesse migliorare il proprio inglese visto che il protagonista del romanzo, nonché autore fittizio dell’opera, ha assai poco rispetto per l’ortografia. E pur essendo ambientato in America, l’Attimo fuggente è un gran bel film su questo tema.
Hogwarts and other British schools
Even in Britain, which famously tends to do things its own way - drive on the left, measure things in feet and inches, eat baked beans for breakfast - schools reopen in September.
Uncovering the exotic mechanisms underpinning the British education system was one of the first culture shocks I faced a few weeks after moving here.
It was a cloudy July day; I had my five-month-old baby girl with me and, drowsy after an almost sleepless night, I was sitting in a café in the park when I was joined by two fellow mothers, perfectly attired and without a trace of dark circles under their eyes, who were talking to each other about the schools they had seen and those they were about to visit. At some point, our eyes met, we politely smiled at each other, and I found myself involved in their conversation: “For how many schools have you already put your child’s name down?" one of the two asked.
I laughed as I gestured towards the pram and replied: "But my daughter is only five months old!"
"Already five months, you mean. Here in London, there is no hope of getting in the right schools if you don't register the baby at birth."
My well-oiled Yiddish Mame alarm system gave me a short burst of anxiety ('There, now you find yourself unprepared even on the fundamental topic of education!'). Still, the voice of reason prevailed and concluded that the women were nuts. I resisted the temptation to ask them if it was not even more advisable registering the offspring straight after conception and went on my way. However, the bug had bitten, and I did a Google search as soon as I got home.
So it was that I discovered not only the intricate universe of British schools but also a few things about British society that everyone here knows but few tell.
First of all, I discovered that compulsory schooling starts at the age of four (4!). The reason, as anyone who has read a book by Charles Dickens can imagine, is that in Queen Victoria's time, children of that age were already being sent out to work for their bread, which is why in 1870 parliament passed the civilised law imposing compulsory education between the ages of four and twelve. A lot has changed in our society since then, but it has still not occurred to anyone that the little ones could benefit from a couple of extra years of carefree playing and start school at the venerable age of six or seven. As well as that, the idea of separate schools for boys and girls, which is popular here, especially in the private sector, is at least as outdated as the separate taps for hot and cold water that many here, inexplicably, still favour.
And speaking of independent schools, the story of children being enrolled as infants is true, at least as far as a handful of posh prep schools that are pretty condescending mainly because they promise access to the most coveted high schools.
In the UK, public schools play a slightly different role than in Italy. Here there are families who simply cannot imagine sending their children to a state school. Surely the desire to guarantee their offspring the best possible education in a country where state schools are chronically underfunded and with few heroic motivated teachers - of this, unfortunately, in Italy we know as much or more than the English - is one reason for this.
Except that those independent school fees cost an arm and a leg, and the entrance exams to the most renowned upper schools are terrifying, resulting in improbable scenes of stressed-out children melting into tears, escorted by parents on the verge of fainting or umbrella-bashing each other.
So what is so special about private schools to make all this effort worthwhile?
Much progress has been made since caning was made illegal in 1986. In addition to having dazzling facilities (well-equipped gyms, sports fields surrounded by nature, theatres, concert halls, laboratories of all kinds, libraries) and teaching staff on average better qualified than that of state schools, these upper schools guarantee parents that their child grows up in a world of “like-minded children.” Whether we like it or not, in a country where when one says: ’hello', the others already know what social class they and their great-grandparents belong to, being raised among upper-class people might give some advantages. That said, it should be mentioned that the best English upper schools take pride in offering scholarships to promising students who have survived the entrance tests and come from less affluent families.
As for state schools, over the years there have been many attempts to improve them: in addition to the traditional grammar schools, in recent years faith schools have sprung up like mushrooms and, above all, academies that attempt to imitate independent schools with some success. Certainly more needs to be done and in my ideal world, schools would be the top priority of any civilised country.
Both state and independent school students wear a uniform, cutting through the exasperating disputes over 'what shall I wear this morning' that all the Italian mothers of my acquaintance complain about.
A chapter in itself should be devoted to what are considered to be the quintessentially English schools, namely the boarding schools, the most famous model of which is nowadays the Hogwarts School of Witchcraft and Wizardry: I have no record of Eton or Roedean School teaching how to hold a magic wand properly, but J. K Rowling's description of Harry Potter's school - from the character of the headmaster, the teachers, the classrooms, the dormitories, the sports activities, the dining hall, the uniform and even the children's relations with distant parents - is quite realistic. The fact remains that while to us Italians 'I'll send you to boarding school' sounds mainly like the threat of a parent exasperated by a naughty child, in the UK, where independence is one of the most cherished values, boarding schools are considered by many to be the best form of education that can be offered to children from the age of twelve onwards.
Whether they go to a state or an independent school, one of the most valuable things about growing up in London is absorbing its cosmopolitan spirit: in my daughter's school, almost all the children speak two, when not three or four languages, have families of origin from the four corners of the world, and each keeps their own identity while being encouraged by the school to develop a deep sense of belonging to the UK and its values, from the monarchy to the baked beans.
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